venerdì 30 maggio 2008

Sulla soglia


Immersa da tempo nella mia situazione sbagliata,
mi trovo oggi sulla soglia
del pensare ad una vita migliore.
E’ così sottile il confine:
una soglia che potrei varcare, libera.
Non ha barriere il confine, eppure è così confine.

Io al di qua della soglia, soffrendo
e desiderando il meglio che so esserci al di là.
E’ sulla soglia che comprendo – per me stessa –
di meritar di più.
Varcarla sarebbe diventar libera:
libera da lui non libero e bugiardo, che mi trascura,
da lui egoista che sfacciatamente inganna,
da lui che subisco per paura di restar sola.

C’è una gran dignità
nel non abbandonarsi ad emozioni sbagliate.
C’è dignità vera
nel saper guardare e nel saper vedere.
C’è dignità – la mia, tutta –
nel saper varcare la soglia.

Una via c'è


Sembrava un viale alberato di sogni perenni,
ben soleggiato d’amore, ventilato da sensazioni vere,
recante all’Albero della Vita,
nell’Eden segreto del cuore.

E’ buio e stretto e cieco, ora, questo vicolo chiuso.
Non v’è uscita, non v’è speranza.
Ogni cosa qui è scoramento e sconfitta.
Sentirsi perduti, con un solo pensiero, sempre quello: perché.

Macerarsi nel perché non indica però la via:
rende il vicolo più buio e più chiuso.
I perché son cosa passata, avvenuta, compiuta:
solo il vicolo è vero, il resto illusione.

Va guardato, questo luogo scuro: è tutto quel che ora rimane.
La sofferenza purifica, se si ha il coraggio dell’accoglienza.
S’apre allora, d’un tratto, la via immensa della pace.
Ed è già quasi serenità, prima di gioie nuove. E inaspettate.

Un dono


Non ti ho neppure detto che ti amo né lo hai detto.
Noi che siamo stati, per caso, amici e complici.
Io un riparo durante una tempesta,
tu un vento bagnato di pioggia.
Il caso, a volte, fa doni inaspettati.

E ora che le tue tempeste son finite,
rimani qui, nel nuovo giorno.
Eri giunta di sera, quasi persa, senza più una meta.
Ti accolsi nel silenzio caldo e vivo e rassicurante di un camino.
Asciugate le lacrime amare di pioggia,
lavati gli abiti sporchi di un percorso sbagliato,
apparisti nuda senza vergogna.
La notte fu nostra.

E non ti ho neppure detto che ti amo. Né lo hai detto.
Ha forse tante forme l’amore?
E a cosa assomiglia questa che non dice parole
e non palpita delle emozioni del cuore?
Eppur rimani qui, nel nuovo giorno.
Forse poi riprenderai la via, la tua via.
Non sappiamo il domani, né lo sai.
Intanto è ancora caldo il camino.
E conserva il suo tepore in quest’alba che per ora è nostra.

domenica 25 maggio 2008

Un anno fa


Compiuti i miei sedici anni, ragazzina più non ero.
Son diciassette, oggi. E non son donna ancora.
Un anno in più. Di confusione, di malessere.

Amicizie, nessuna,
se i miei compagni guardano solo all’utile loro.
L’unico rapporto vero, con la mia compagna di banco.

Un’amica l’avevo e credevo fosse vera.
Sto ancor male per averla persa.
E lei neppure sa quanto ho sofferto.
Un’amicizia vera, sì, la vorrei:
son vuote le mie mani,
il cuore ancor pieno di speranze.

Un anno in più. Di delusioni.
Mio padre, sempre più occupato altrove.
Mia madre che guarda fisso davanti a sé,
se le parlo, e io capisco che neppure mi sente.
Senza mia sorella che mi ascolta
davvero non saprei che fare.

Il passato lo rimpiango:
io così sicura e determinata.
Sapevo quel che volevo, ora un po’ meno.
Sempre più confusa, e le domande son tante.
Sentirsi sconvolte: è questo il crescere?

Una certezza però la ho:
contar soltanto su me stessa.
Per far fronte ad ogni situazione,
per ottener quel che voglio,
per riuscirci.
E il mio futuro
- io lo so –
sarà stupendo.

Viaggio senza bagaglio


Ti sorrido, amica mia.
Ma il mio sorriso è accennato, colmo di comprensione:
li vedi i miei occhi affettuosi che
guardandoti – buoni, senza imbarazzarti –
ti parlano in silenzio?
Ti dicono quanto so di te.

Perfetta e brillante sempre, tu.
Eppure io so delle fatiche e degli sforzi
che mai racconteresti.
So delle rabbie che taci.
So perfino delle ire, delle invidie e delle gelosie
che nascondi, ma che a volte son parte di te.

Vieni via, amica mia, donna vera sotto mentite spoglie.
Abbandona paure e incertezze:
ti porto in un viaggio nuovo.
Lascia lì la tua valigia delle cose,
con gli abiti dei sentimenti amari,
con le scarpe dei doveri faticosi,
con i gioielli delle emozioni avvilite,
con la biancheria dei desideri frustrati,
con il trucco delle abitudini stanche.
Porta con te solo la tua voglia di vita vera.

Eccoci giunti.
Non ti avevo detto che è un viaggio nuovo?
Quando arrivi alla meta, inizia il viaggio.
Férmati: il viaggio è nuovo.
Tu spettatrice di te stessa (ma dove eri finita, amica mia?).
Qui puoi guardarti piangere e ridere,
provar rabbia e sperare, volere e rifiutare.
Sei tu.
Accogliti, senza giudizi.
E non rifuggire più.
Scoprirai che la tua anima è unica,
unica perfino la tua maniera d’esser bella.
Unica. Come te.

Voglio sorprenderti





Voglio sorprenderti.
Perché tu mi scopra, ogni volta.
Perché tu m’attenda, ogni volta,
con l’ansia del primo incontro.

Voglio sorprenderti.
Perché tu ti stupisca, sempre.
Perché tu sia colta di sorpresa, sempre,
con la meraviglia nei tuoi occhi.

E voglio sorprenderti anche nel sonno.
Perché tu frema del tuo fremito.
Perché tu ti riassopisca, poi, serena.
Per sorprenderti di nuovo, nei tuoi sogni.

Tocco femminile





Mi piaci perché sei vera.

Libera, non la perdi la tua femminilità
tra il bisogno d’affermarti e l’eccessiva grinta.

Seduttiva, quando sai quello che vuoi
ti spendi con tutto il cuore
in delicatezze ed attenzioni senza fretta.
Non ostenti un mantello d’inesistente sicurezza
tessuto con trame di moine
e ordito con piccole astuzie
per farti notare e accettare,
per sopravvivere.
E’ un moto dell’animo, la tua seduzione:
un gesto spontaneo con cui ti porgi.
Seduci così, col cuore.

Intraprendente, non rinunci – tu determinata –
al gusto d’esser femminile:
accogliente, affettuosa, comprensiva.

Sai fidarti, tu, della tua libertà.
Irresistibile il tocco della tua femminilità:
mi piaci perché sei vera.

venerdì 2 maggio 2008

Stella cadente


Eccola: la inseguo con lo sguardo.
E’ la mia stella cadente nel notturno agostano.
E il desiderio lo esprimo,
prima ch’essa svanisca lontano.

Vorrei, vorrei.
L’armonia con me stessa e con l’universo intero,
con la terra e il mare e il cielo.
Armonia che somigli
alla gioia sensuale di star sdraiata sulla sabbia al sole,
nel fruscio del vento,
col profumo di salsedine.
Per emozionarmi e per sentirmi viva.
Per sognare.

Occhi all’insù: guardar le stelle.
L’ho colta al volo,
la mia stella cadente.
E’ svanita di già, ma con sé reca il mio desiderio.
Lassù, tra le stelle.
E io, qui, ne avverto l’eco.

Specchio


Ciò che vedo nei tuoi occhi
è quello ch’io sento.
E ti vedo.

Ciò che senti in te
è quello che vedi nei miei occhi.
E mi senti.

Ci guardiamo.
E ci sentiamo.
E specchio sono i nostri occhi.

Spregiudicata


Lo conobbi quando ormai – carica di anni, tanti –
mi ritenevo giunta alla saggezza nella mia vita già trascorsa.
Lui così estroverso e simpatico e bello e allegro.
Lui così giovane. Lui ragazzo.

Ci misi mesi e mesi prima di far l’amore con lui.
Immaginavo le sue mani su di me e
- toccandomi da sola braccia e glutei –
rabbrividivo e pensavo: non posso.
Io intoccabile.
Spogliarmi fu infine più eroico che erotico.
La passione fu più forte della paura.

Fui felice oltre ogni dire.
Non temevo la concorrenza di avvenenti ventenni.
Non badavo allo scherno degli sguardi ironici di chi scuoteva il capo.
Non temevo neppure d’invecchiar di più e d’essere lasciata.
Era la mia stessa maturità il mio fascino esclusivo
che giocavo con disinvoltura
cercando la mia bellezza negli occhi di lui,
senza chiedergli conferme.
Lui mi amava.

Fui io a lasciarlo.
Perché lo amavo.
Perché non avrei potuto dargli un figlio.
La vita scorre e noi passiamo.
Uno sprazzo di felicità vera a volte accade, anche tardivamente.
Ma alla Natura non la si fa.

Sorelle di sandali


Quella tutta sorrisi e mossettine: per me era la trampoliera.
Io, ampie gonne e scarpe basse, stavo comoda così: donna più vera.
Fu un caso o beffa del destino: io da lei, una sera.

La tipa era gentile e sorridente, vistosa e canticchiante.
La guardo imbambolata, lei tutta raggiante.
Trampoli per tacco, anche in casa - io penso . E’ tutta sculettante.

Tende, tendine, ninnoli e fiorellini: casa sua è in stile barocco.
Tutto arzigogolato, soffice il tappeto: il rosa antico dona un certo tocco.
Guardo attorno, stupita di non trovar un gatto persiano con tanto di fiocco.

Bellissimi, i suoi sandali: semplici, rosso il raso.
Tacchi alti e una fascetta: li provo, giuro, o non rincaso.
L’occhio mi cade lì, e non a caso.

Quella mattina, per controllar le gambe, la gonna m’ero alzata.
Immaginando i tacchi, sulle punte m’ero sollevata.
Strana idea la mia, ma io sempre più tentata.

Poi, durante il giorno, lo confesso, alla tipa io pensavo.
E in certi momenti, credo, perfino sculettavo.
La dico tutta: quell’abitino ormai dimenticato, sì, fuori tiravo.

Se n’accorge, la trampoliera, che i suoi sandali sto a guardare.
Allor le faccio: ma come fai a camminare?
Sorride e se li slaccia: vuoi provare?

Stupita, mi guardo allo specchio: son io davvero che si rinnova?
Gambe slanciate, tutto perfetto: basta sol che un po’ mi muova.
Anche la gonna par aver una sua bellezza tutta nuova.

Mi sento femmina davvero, quasi disinvolta.
A camminar imparerò, una buona volta.
E’ diventata trampoliera amica, quella tipa che verso di me si volta.

Comoda e dimessa, ero la donna del mio stesso atteggiamento.
Mutata la postura, mutata io, in un momento.
E’ un modo nuovo di pensare e di pensarmi: è questo il cambiamento.

Sorda


Lo so il tuo mondo, solo tuo.

Il nostro, carico di parole
di cui la mente è piena senza requie.
L’emozione è detta,
il ricordo scritto,
la vita in sillabe.

Il tuo mondo è di silenzio
e non odi mai la voce interiore,
la tua, che non hai.
Non ha parole
il libro della tua vita:
son pagine non scritte d’alfabeto,
in cui hai impresso fraseggianti emozioni
e punteggiature di sensazioni
e parentesi d’odori
e accenti tonici di dolori
e caratteri di tatto
e illustrazioni visive di gesti
nella sintassi senza suoni.

Lo so il tuo mondo.
Ti guardo mentre mi guardi.
Ci vediamo dentro.
E dentro sentiamo insieme.

Solo


Son così vasti, dentro di me, certi momenti. E così intensi.
Ciascun istante, prezioso, pare schiudere
il significato segreto
che il tempo - fermo ed eterno -
ha racchiuso in essi:
l’eternità, celata sotto le mentite spoglie della temporalità.

Così vasto, e intenso, il percepire appieno
lo scorrere eterno del vivere,
in quei momenti d’intuizione.
L’animo si colma fino a traboccarne
per lo stupore che sorprende:
la gloria d’un tramonto d’ambra,
la magia d’una notte incantevole di luna,
la meraviglia di un’aurora che divampa silenziosa.

Ma chi sarà spettatrice con me del sublime?
Nessuna mi è accanto
per palpitare con me
di tanta verità e di tanto amore.