lunedì 31 dicembre 2007

Giri di giostra


Che sia per andar oltre i confini?
O, forse, per guardar lontano?

Mi fa felice l’altezza.
Io inerpicata su.
Una specie di ebbrezza.

Salire in cima ad una torre,
arrampicarmi su una parete di roccia,
stare in alto tra sacre guglie,
volare sulle catene di una giostra,
scalare una vetta montana…
Gira la testa, ma c’è il brivido del rischio.
Una miriade di emozioni indicibili.
E, sotto, il vuoto.

E’ così diverso il mondo visto da lassù.
Più piccolo. Piccola anche la gente.

E’ per difendermi? Oppure è per fuggire?
E’ per far chiarezza dentro e fuori me stessa?
Lo sguardo può andar così lontano…
Forse, chissà, è per essere vicina al cielo, per toccarlo con mano.

domenica 30 dicembre 2007

Alta marea


Piccola isola stesa sulle sabbie assolate.
Cosa sogni, mentre prendi il sole?
Godi la tua pace, ad occhi chiusi.
E percepisci le carezze calde del vento.
Due dune morbide e belle che respirano calme.
La sai, tu, la tua bellezza distesa?
Quasi sonnecchi, cullata dallo sciacquio monotono del mare.
E ti inebria il cupo profumo marino.
Pianure abbronzate, il monte di dea coperto di bosco.
Che sensazioni insegue la tua fantasia inesplorabile?
Ti abbandoni serena nella calma che tutto pervade.
E un brivido invisibile ti percorre.
Un’onda si allunga, tiepida eppur fresca, e ti lambisce appena.
La sensazione è nuova e ti tenta.
Non ti muovi, ma già ne attendi un’altra.
Altre carezze d’onda, movimenti sensuali mai uguali.
La marea sale e sale, piano, inesorabile.
Ti muovi appena, ma è difficile star quieta.
Onde che ti circondano e ti lambiscono,
e s’insinuano in ogni anfratto.
E poi – ma poi – sarà l’alta marea.
E cercherai, quasi sommersa, la pace intensa che ti placherà.

Geisha


Vorrei…
Vorrei – io donna – essere colma, per una volta almeno,
di cure per te, con mille dettagli che ti seducano in crescendo.
Vorrei – io donna – potermi donare a te,
completamente, per una volta almeno.
Ma libera. Senza sentirmi sottomessa.
Senza l’assillo e l’ansia di farmi un po’ artificiosa
per stupirti e legarti così a me perché tu non fugga poi da un’altra:
vedi, questo mi renderebbe insicura.
E senza dover rinunciare a me.
Senza provar disagio se ti vizio,
quasi rinunciassi ad una dignità mia.
Senza dover affrontare lo sguardo diffidente di un’amica
a cui confesso che con te mi sento geisha.
Vorrei – io donna – non dover scegliere tra emozioni contrastanti:
tra la voglia d’essere forte e l’abbandono,
tra la paura di rimaner me stessa per conservare il tuo amore
e le fragili difficoltà faticose di lasciarmi andare.
Vorrei – per istinto – assecondare la sensibilità,
così diversa dalla tua, che mi fa donna.
Senza dover rimanere sulla soglia della diffidenza
che chiude alla spontaneità.
Non vorrei – io donna – indossare il burka.
Vorrei – io donna – vestire per te,
una volta almeno, il kimono.
Ne scosterei il colletto morbido,
lasciandolo scivolare appena sulla schiena nuda;
raccoglierei i capelli sulla nuca profumata
perché il mio collo suggerisca alla tua immaginazione di maschio sedotto.
Mi sentirei allora armoniosa, sicura del mio volere
- gli imbarazzi fuggiti lontano -,
pronta e desiderosa di darti
tutta la profusione generosa del mio amore,
di tutta la mia femminilità.
Inventerei poi i giochi maliziosi dell’intimità.
E ti condurrei, restando in ascolto del tuo brivido che approva,
del tuo sussulto che chiede,
del tuo sospiro che ringrazia.
E – lo sai? – l’emozione sarebbe tutta mia:
l’emozione così particolare d’esser femmina.
Nel mio slancio sarei allora fiera della mia dolcezza
e della mia vocazione all’accoglienza.
Ti donerei la mia passione profonda e sincera, senza riserve.
E sarebbe un dono generoso: un dono da celebrare con gioia e dedizione.
Vorrei – io, finalmente Donna – darlo a te, il mio dono.
A te, Uomo.
Se tu esistessi.

Momenti


Sperimento da molto la fatica e la ricchezza del dividermitra i compiti che mi son data.
Nel vasto e ristretto campo della mia vita, son a mezzadria,
pur raccogliendo poco della parte che sarebbe mia.
Quotidianamente lotto col tempo,
dall’alba del risveglio fino al tramonto,
senza avere un momento.
Lavorar per gli altri che son la fattoria, curar anche poi l’aia di casa mia.
Non soltanto devo arare e coltivare gli orti altrui,
ma mi devo avvicendare in vari campi – e son tanti.

Eppure ho un tempo nel tempo.
Son i momenti miei.
Non che mi possa permettere di adagiarmi in veranda o sotto il loggiato:
è un accedere all’interiorità del giardino che è soltanto mio,
è un rifugiarmi mentalmente,
pur assolvendo intanto ogni cosa, quotidianamente.
Son momenti di consapevolezza, di presenza a me stessa.
Son momenti in cui attingo alla fonte di un’energia nuova,
per ritrovare il senso del mio esisteree per dare dignità al non senso del sussistere.
A volte occorre immaginazioneper trovar corrispondenza tra l’unicità mia e il mondo,
a volte occorre dimenticar la delusione
per esser dentro ciò che faccio e viverne il significato fino in fondo.
Si alterna la sensazione di perdita e ricchezza,
coltivando terreni diversi tra loro, nella convulsione di più tempi,
cercando di far tutto, di portare il granaio a compimento.

Il rischio a cui sono esposta è quello di smarrire il senso di me stessa,
di perdere l’orientamento tra ristretti orizzonti così vasti.
E’ in quei momenti miei che riannodo i fili sparsi del mio esistere,
i fili sparsi di mondi diversi abitati da donne diverse,
raccogliendo il mio dividermi.
E’ in quei momenti del tempo interiore che ritrovo
nel mio giardinolo spazio che mi accoglie nel sentimento di me.
E’ in quei momentiche metto a dimora i miei pensieri.

No, non è un tempo miracoloso in cui mi fermo e penso.
E’ un tempo nel tempo: stendendo i panni, leggendo un libro,
mettendo su un caffè, prendendo una tregua sul divano,
camminando, cucinando, riordinando.
Sì, anche quando mi metto lì e mi penso.
E’ il tempo di quando conosco i gesti,
e la mia mente può assentarsi senza che io lo manifesti.

E’ il mio spazio di libertà, il tempo delle scelte,
in cui ritrovo i confini necessari alla mia vastità.
Gli uomini non san guardare dentro di sé.
Tempo libero ne hanno, e lo sciupano stupidamente.
E far non sanno più cose contemporaneamente.